Dall’insediamento del nuovo Governo Meloni, il ministro alle Infrastrutture Salvini sembra vivere l’ossessione del Ponte sullo Stretto; quasi fosse una sfida personale piuttosto che un ragionamento oggettivo sui bisogni dei territori.
Ossessione tale da scomodare soggetti pubblici e privati, nazionali ed internazionali, per individuare le previste risorse miliardarie; il tutto pur non esistendo ancora, di fatto, un progetto.
I media sono stati letteralmente invasi da dichiarazioni, quasi quotidiane, sulla indispensabilità del Ponte; frutto di una strategia politica e comunicativa molto precisa.
Nei fatti, tuttavia, sembra che con tutto e tutti si siano fatti i conti tranne che con un’elementare, logica e lineare riflessione sul rapporto costi-benefici e soprattutto sulla coerenza di un investimento di tale portata alle vere priorità infrastrutturali di Calabria e Sicilia.
Spendere circa 14 miliardi di euro per un’unica opera che presenta ancora molte contraddizioni risulta essere uno schiaffo politico-morale a due regioni atavicamente afflitte da una precarietà imbarazzante rispetto a viabilità interna, ferrovie e sistema-trasporti in genere.
Per quanto possa sembrare affascinante, antropologicamente, si è sedimentata da decenni ormai la percezione che per andare in alcune località interne della Sicilia, ad esempio, ci si debba arrivare con “carretto siciliano”; o in Calabria, analogamente, con l’asinello o il mulo per il riferimento alle vecchie e propriamente dette strade “mulattiere”.
Non è mai stata posta in essere una visione strategica dei trasporti a 360 gradi; in senso ingegneristico, da una parte, ma prevalentemente nell’ottica della garanzia di fruizione dei territori nel modo più sostenibile, economico e pratico.
Non esiste, né in Calabria né in Sicilia, un vero e proprio progetto di intermodalità intelligente tra i vari sistemi dei trasporti; non esiste, almeno, come visione organica e strutturale.
Due regioni che hanno ormai sviluppato un senso di profonda rassegnazione alla sola idea di spostamenti in sicurezza e con la garanzia di arrivare in tempi umani a destinazione.
Basterebbe citare lo spopolamento delle aree interne per provare un briciolo di vergogna (avendo un minimo di dignità); per non dire l’assenza di elettrificazione della rete ferroviaria per centinaia di km o l’inadeguatezza totale di arterie che da decenni mietono vittime.
Il Ponte, d’altronde, alla città di Reggio e Messina cosa apporterebbe concretamente come miglioramento?
Quale sarebbe il risparmio in termini di tempi, per un reggino o messinese, nel doversi recare nelle rispettive aree periferiche a nord delle città per un attraversamento che ti obbligherebbe a svariati ed inutili km per un tempo complessivo (per spostarsi da una città all’altra) che non sarebbe meno di un’ora?
Come, fattivamente, possiamo pensare che “faciliti” interscambio culturale, sociale ed economico quando un pedone (dopo 14 miliardi spesi per questa opera) non trarrebbe alcun vantaggio ed alcuna possibilità oggettiva di recarsi a Messina, in modo semplice ed economico, partendo dalla propria città?
I cittadini si rendono conto dell’enorme “bluff” del Ponte?
Le città di Reggio e Messina sarebbero, paradossalmente, più lontane e tagliate fuori da un’opera che escluderebbe e dividerebbe, già materialmente, le storiche dirimpettaie dello Stretto.
Uno studente o un lavoratore pendolare non avrebbero alcuna convenienza ad usare il Ponte!
Le nostre città, piuttosto, devono determinarsi nel concretizzare fattivamente un progetto di attraversamento dello Stretto che non solo garantisca la continuità territoriale ma lo faccia in modo economico e sostenibile per le relative popolazioni.
L’interconnessione reale tra i due centri deve passare anzitutto da questa storica istanza: spostarsi, a piedi o con un mezzo proprio, partendo dalla propria città ed in modo assolutamente conveniente.
Ovviamente non stiamo parlando del traffico commerciale dei mezzi pesanti (che ha già ha e deve potenziare il suo corridoio preferenziale); parliamo dell’idea concreta di vivere Messina e Reggio come un’unica ed articolata area separata solo da una striscia di mare-lago.
L’alternativa al Ponte esiste concretamente e si chiama: Flotta navale dello Stretto.
Una flotta statale a gestione delle due Regioni che garantisca l’attraversamento ai residenti con costi dignitosi ed accessibili a chiunque.
Attraversamento che deve interfacciarsi con ferrovie, trasporto urbano ed aeroporti; all’interno di una logica di “sistema”.
Si pensi che una delle più avveniristiche navi-traghetto (la Moby Fantasy), usata per la navigazione tra Livorno ed Olbia, è costata circa 160 mln di euro ed è un mezzo ibrido (traghetto-crociera) con una capienza di 3.000 passeggeri e 3.850 metri lineari di carico rotabile. Viene considerata, nel suo genere, “il traghetto passeggeri più grande finora costruito a livello mondiale”; primo traghetto al mondo, d’altronde, ad ottenere la certificazione EEDI3 con un risparmio di emissioni di oltre il 50% rispetto ai traghetti tradizionali.
Per lo Stretto non servirebbero certamente questi colossali “gioielli” ma l’esempio di eccellenza è stato volutamente rappresentato per offrire all’opinione pubblica un parametro oggettivo di come, con una spesa ipotetica di almeno 10 volte inferiore a quella del Ponte, potremmo acquisire una flotta pubblica in grado di soddisfare ampiamente i bisogni di spostamento di ogni tipo e, ribadiamo, in modo ecologicamente ed economicamente sostenibile.
Pretendiamo dunque di capire oggettivamente quali siano le ragioni di uno sperpero così imbarazzante di soldi pubblici per un’opera che appare sempre più strumento di “propaganda” e sempre meno una risposta concreta ai territori.
Per quali motivi non vengono esplorate e valutate ipotesi come questa della Flotta navale pubblica che, raggiungendo gli stessi obiettivi, farebbero risparmiare miliardi di euro?
Quelle somme risparmiate, per oltre 10 miliardi, non potrebbero essere impegnate seriamente per le infrastrutture dei trasporti di Calabria e Sicilia mettendole a sistema con tecnologie all’altezza dei tempi?
Quanto tempo risparmieremmo sulla terra ferma con interventi cospicui per ferrovie, autostrade e viabilità interna?
Quella della Flotta navale dello Stretto è idea non inventata da noi, sebbene fosse nel nostro programma elettorale, ma da più anni avanzata da tanti soggetti, associazioni, movimenti o singoli tecnici professionisti; oltre che, a livello politico, da vari partiti.
Anche l’assessore comunale Mimmetto Battaglia (con le sue deleghe a Mobilità e Trasporti – Porto e Aeroporto – Area Integrata dello Stretto) ha ribadito, a più riprese, che vi sarebbero margini concreti ed importanti per ragionare su questa ipotesi piuttosto che sul Ponte.
Non possiamo permetterci e permettere che si approccino questioni così sensibili come quelle relative alla mobilità ed ai trasporti con questo “effetto speciale” della grande opera come soluzione a tutto.
Come Reggio Bene Comune sosteniamo, dunque, soluzioni praticabili e concrete che rispettino e rispecchino i bisogni reali delle nostre città e crediamo fermamente che l’attraversamento dello Stretto debba rispondere prioritariamente ai princìpi di: economicità, sostenibilità ambientale, interscambio socio-culturale ed economico.
Per unire Reggio e Messina servono politiche e strategie comuni per l’area metropolitana dello Stretto; solo queste possono divenire un “ponte” reale per uno sviluppo armonioso, equilibrato ed intelligente.