Quando si parla di film horror non si può fare a meno di pensare ai famosi jumpscares, un espediente usato dai registi per spaventare lo spettatore facendolo saltare dalla sedia. Ma da dove proviene questa tecnica?
Il primo ad utilizzarla, in modo molto più intelligente e non abusandone, con una sola scena in tutto il film, è Jacques Tourneur, all’anagrafe Thomas Jacques, regista francese, nato oggi 12 novembre 1902, con il suo film più importante, il capolavoro Il bacio della pantera (1942).
La trama del film ruota attorno a Irena Dubrovna, una giovane serba (interpretata da Simone Simon) che vive a New York e lavora come illustratrice di moda. La sua vita si intreccia con quella di Oliver Reed, un ingegnere navale americano che si innamora di lei dopo un incontro casuale allo zoo, dove Irena sta osservando una pantera nera. Affascinato dal suo mistero, Oliver inizia a frequentarla, e i due si sposano rapidamente. Tuttavia, la vita matrimoniale è segnata da un problema serio: Irena è convinta di essere colpita da una maledizione antica, una leggenda del suo villaggio natale, che la trasformerebbe in una pantera ogni volta che si lascia andare a emozioni forti, come passione o rabbia.
La maledizione rappresenta per Irena un trauma profondo e mai risolto, legato alle sue origini e alla repressione dei suoi desideri. Questo problema genera frustrazione e conflitti nel rapporto con Oliver, che tenta di aiutare la moglie a liberarsi di queste paure, ma si rivolge presto ad Alice, una collega di lavoro con cui Irena sviluppa una gelosia crescente. Il triangolo amoroso esplode quando Oliver decide di portare Irena da uno psichiatra, il dottor Judd, per curare la sua fobia. Tuttavia, la terapia diventa un’arma a doppio taglio, aumentando l’inquietudine e la paranoia di Irena.
In Il bacio della pantera, Tourneur e il produttore Val Lewton costruiscono un orrore psicologico che si concentra su ciò che non è visibile. La famosa scena del “jumpscare” è ambientata in una strada buia: Irena, sospettosa del legame tra Oliver e Alice, segue quest’ultima di notte, accompagnata da suoni sinistri e da ombre che appaiono e scompaiono.
A un certo punto, il rumore improvviso di un autobus che frena interrompe il silenzio in modo scioccante, creando una tensione che si risolve solo parzialmente, la minaccia resta implicita. Un’altra scena celebre avviene nella piscina al chiuso: Alice, sola e terrorizzata, percepisce la presenza di Irena nelle vicinanze, sentendo strani versi e rumori, ma non vede nulla. Gli effetti sonori e visivi creano un’atmosfera di terrore crescente, culminando in un grido disperato di Alice, che chiama aiuto.
Tourneur e Lewton, limitati da un budget ridotto, fanno delle suggestioni il cuore della suspense, non solo in questo film ma anche in quelli successivi come Ho camminato con uno zombi e L’uomo leopardo, entrambi del 1943 diretti per la RKO Pictures.
Le tecniche che impiegano, come l’uso delle ombre, la costruzione della tensione attraverso suoni e immagini ambigue, e l’inserimento limitato di jumpscares, dimostrano che l’horror può spaventare in modo profondo senza far vedere il “mostro”.
Questi elementi rivelano il sottotesto psicologico della storia nella loro opera più grande: il terrore di Irena non è solo paura del proprio corpo, ma una rappresentazione del conflitto tra desiderio e repressione.
Il bacio della pantera è considerato un capolavoro perché incarna un modo elegante e originale di creare suspense.
A differenza degli horror odierni, che spesso fanno largo uso di jumpscares, Tourneur utilizza questo espediente con parsimonia e finezza, lasciando al pubblico il piacere di immaginare il terrore.