Da San Lucido ad Amantea, era questo il territorio nel quale imperversava la ‘ndrina di San Lucido Calabria-Tundis, aggredendo l’economia locale attraverso le estorsioni, l’usura, l’esercizio abusivo del credito, le condotte intimidatorie. “Accanto all’attività predatoria – ha spiegato oggi in conferenza stampa il procuratore vicario della dda di Catanzaro Vincenzo Capomolla – la cosca si era infiltrata nelle attività economiche del territorio“. Ai 37 indagati nell’operazione dei carabinieri, vengono contestati, a vario titolo, reati come le intestazioni fittizie. “La cosca si era inserita nel mercato della commercializzazione del pesce, del legname, delle automobili – ha spiegato Capomolla – Sono stati registrati intensi contatti tra la ‘ndrina di San Lucido e i vertici della’ ndrangheta Cosentina”. Contatti che sono passati dal boss Francesco Patitucci al suo braccio destro Roberto Porcaro quando Patitucci era detenuto. La Dda di Catanzaro, insieme ai carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza e della compagnia di Paola, ha fatto eseguire misure cautelari non solo verso l’associazione mafiosa dei Calabria-Tundis ma anche verso due associazioni dedite al traffico di stupefacenti operanti a San Lucido e Paola. Il gruppo di San Lucido aveva Cosenza come canale di approvvigionamento, mentre quello di Paola non disdegnava i canali classici ovvero di rifornirsi anche nella Piana di Gioia Tauro. dalle indagini sono emerse le attività estorsive, i tentativi di incendio a esercizi commerciali e non solo. Perché, ha specificato Capomolla, “non hanno risparmiato nessun tipo di attività, da quelle commerciali alle imprese impegnate in lavori pubblici”. L’attività della cosca è stata “molto pressante in un contesto territoriale non collaborativo con le forze dell’ordine”, ha sottolineato il magistrato. Il comandante della Compagnia di Paola, Marco Pedullà, ha parlato di “omertà totale da parte di testimoni e vittime”. L’ufficiale ha invitato a segnalare ogni criticità perché le stazioni dei carabinieri sono presenti sul territorio. “In tempi non sospetti – ha detto il comandate del reparto operativo Dario Pini – i collaboratori parlavano di rapporti tra le cosche tirreniche e cosentine“. “Nel corso delle perquisizioni eseguite questa mattina – ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza, Saverio Spoto – sono state rinvenute numerose armi, alcune con matricola abrasa”. La cosca Calabria-Tundis si legittimava attraverso i rapporti con la ‘ndrangheta cosentina e non è escluso che l’ attività di usura avvenisse con capitali che potevano provenire da Cosenza. (ANSA).
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