Un confronto serrato su questioni importanti e delicate come la pedofilia, la tossicodipendenza e l‘attualità del messaggio cristiano di fronte alle situazioni di povertà e di sofferenza che si trovano a vivere tante persone. È quello che si é sviluppato nel teatro Comunale di Catanzaro tra gli studenti dell’istituto tecnico economico “Grimaldi Pacioli” e gli arcivescovi di Napoli e del capoluogo calabrese, Mimmo Battaglia e Claudio Maniago, in occasione della celebrazione del trentasettesimo anniversario della fondazione del “Centro calabrese di solidarietà”, la struttura che a Catanzaro si occupa dell’assistenza e della cura delle persone che vivono situazioni di disagio. Monsignor Battaglia ha partecipato all’incontro, offrendo la sua toccante testimonianza, perché per 16 anni, dal 1992 al 2016, é stato il presidente del “Centro”, contribuendo in modo determinante al suo sviluppo e alla sua espansione. L’arcivescovo di Napoli, malgrado il suo trasferimento nel capoluogo partenopeo dopo essere stato vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti, è sempre rimasto molto legato a Catanzaro ed al Centro calabrese di solidarietà. E l’iniziativa svoltasi al teatro Comunale lo ha dimostrato con l’accoglienza che gli è stata riservata e le testimonianze di alcune persone che sono state ospiti della struttura. Significativa anche la presenza e le dichiarazioni dell’attuale presidente del Centro, Isolina Mantelli. “Io, nel Centro calabrese di solidarietà – ha detto l’Arcivescovo di Napoli – ho imparato il senso della speranza, accogliendo, ascoltando e camminando assieme a tanti volti conoscendone la bellezza. Non sono stato io ad aiutare le tante persone che ho avuto modo di incontrare nel Centro, bensì sono stati tutti i ragazzi e le ragazze che ho conosciuto e che mi hanno cambiato la vita”. “La Chiesa – ha detto monsignor Maniago – sono tutti coloro che credono in Cristo e non è fatta soltanto da preti. Non si può delegare a nessuno il compito di dare risposte a chi non crede più nella vita. Questo è un problema che dobbiamo condividere come comunità dei credenti. La Chiesa deve fare di tutto per stare vicino, ma non può farlo solo il prete. Lo devono fare tutti i credenti”. (ANSA).
Articolo precedente