Undici custodie cautelari in carcere; sette arresti domiciliari; tredici obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria e un divieto di dimora nella regione Calabria. E’ questo il bilancio dell’operazione portata a compimento dalla guardia di finanza di Catanzaro, su delega della Direzione distrettuale antimafia catanzarese, coordinata dal procuratore Nicola Gratteri, che ha interessato anche il territorio di Reggio Calabria.
Le 32 persone finite sotto indagine dovranno difendersi dalle accuse di: associazione mafiosa, estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori.
Contestualmente, il gip catanzarese ha disposto il sequestro di tre ditte operanti nel settore turistico, che si sono avvicendate nella gestione di uno stabilimento balneare sito a Nicotera Marina, tuttora in esercizio, e di un’attività commerciale, operante nel settore floreale, ubicata a Milano, tutte riconducibili a soggetti appartenenti ad una cosca di ‘ndrangheta, egemone nel vibonese, per un valore di circa 250 mila euro.
E’ stato inoltre confermato il sequestro preventivo nei confronti di diversi fabbricati, terreni, quote di partecipazione, complessi aziendali, ditte individuali e autoveicoli, per un valore complessivo di oltre 12 milioni di euro, tra cui il noto villaggio turistico Sayonara, beni già oggetto di precedente misura cautelare patrimoniale
Gli esiti dei complessi approfondimenti investigativi hanno consentito di delineare, nella fase delle indagini preliminari, che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa, la gravità indiziaria circa la sussistenza di un gruppo criminale, riconducibile ad una consorteria operante nella provincia vibonese che, avvalendosi della forza di intimidazione che scaturiva dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà sussistenti nel citato territorio, aveva acquisito il controllo di fatto di diverse attività commerciali, soprattutto nel settore turistico-alberghiero, tanto da condizionarne la gestione.
Al riguardo, gli amministratori di fatto e di diritto e altri soggetti che si sono occupati del management delle citate attività sono stati attinti da misure cautelari personali.
A suffragare le ipotesi investigative della Direzione distrettuale antimafia hanno contribuito le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, secondo cui alcuni degli odierni indagati, al fine di agevolare l’attività dell’associazione di tipo ‘ndranghetistico, nel corso degli anni, ponendo in essere diverse condotte di attribuzione fittizia di quote di società ovvero di cariche di amministrazione, si sarebbero adoperati per assicurare a soggetti appartenenti ad una cosca di ‘ndrangheta del vibonese l’impunità ovvero la non riconducibilità delle attività imprenditoriali in capo agli stessi in modo da evitare provvedimenti di aggressione patrimoniale.