Disabilità ed Indipendenza. Queste le tematicbe analizzate ed approfondite nel corso del Convegno “Il Futuro che vorrei”(Casa, Autonomia, Indipendenza, Interdipendenza), svolto all’Auditorium della Piccola Opera Papa Giovanni, il 6 ottobre scorso con relatori Nunzia Coppedè (Presidentessa Fish Odv Calabria), Roberta Racinaro (Psicologa della Piccola Opera) e Mirella Gangeri (Presidentessa “A.Ge.Di. Onlus Odv) e Pasquale Neri (Presidente del Terzo Settore Calabria).
Un incontro importante su un aspetto spesso non adeguatamente approfondito, ma di estrema importanza perchè anche le persone con disabilità devono avere, in realazione alle loro possibilità, il miglior grado di indipendenza per la piena realizzazione della propria vita, quindi dovrebbe essere prioritario per la società chiedersi ed applicare le giuste risorse, mezzi, comportamenti, affinchè incentivino la necessaria libertà di cui una persona con disabilità ha bisogno.
Come? Ascoltando, chiedendo, osservando. capendo le esigenze altrui. Convegno in cui si sono approfondito le tematiche relative al raggiungimento dell’Indipendenza non solo personale di una persona disabile, ma anche economica perchè Inclusione significa anche inserimento nel mondo lavorativo. Cambiare il modo di vedere la Disabilità, pensandola non solo più come un costo, ma come un’opportunità. Non solo un soggetto da proteggere, curare, ma quel soggetto considerato fragile può essere utile agli altri, produrre benessere, contribuire alla natalità, farcela da solo nelle azioni quotidiane della vita. Importante è stata la parentesi sulle metodologie, gli strumenti che le istituzioni dovrebbero mettere in campo per permettere l’autonomia delle persone disabili affichè anche loro seguano il percorso naturale del ciclo della vita: vivere in un secondo ambiente, la loro seconda casa, successiva a quella di origine. Non è solo un problema che riguarda le istituzioni, a cui va addossata la completa risoluzione del problema. In causa, a collaborare, vanno chiamate anche le famiglie delle persone con disabilità: comprensibile e naturale che vivano doppiamente il doppio delle difficoltà degli altri genitori, che nessuno gli ha insegnato il ruolo, che spesso si trovino a scontrarsi con uno Stato assente.
Ma queste condizioni non devono diventare alibi che limitano autonomia e libertà del figlio disabile, anzi un incentivo in più perchè il problema quotidano investe direttamente loro. Perchè il ciclo della vita non aspetta o rallenta neanche per loro e quindi un giorno ci si ritrova con le spalle al muro con la drammatica realtà “Come farà mio figlio? Dove vivrà e chi si occuperà di lui?” Per questo è fondamentale, consapevoli che richieda un’enorme forza d’animo, non proteggere morbosamente oltremisura o sostituirsi sistematicamente alle azioni personali del figlio disabile, anzi, insegnargliele in modo da renderlo il più autonomo possibile, in relazione alle sue possibilità a cui la condizione fisica l’ha costretto, in modo che “Dopo di Loro”, quel figlio abbia meno bisogno possibile dell’aiuto di qualcuno. Perchè l’istituzionalizzazione delle persone con disabilità adulte non sia una prassi diffusa e consolidata, ma ove possibile, deve essere evitata con ogni modo, ogni mezzo. Far finire i suoi giorni dentro una struttura sanitaria, non permettere di contribuire attivamente nel sistema economico e sociale, ad una persona con disabilità è un crimine. Con l’accompagnamento delle istitutuzioni, certo, ma anche dell’associazionismo che dovrebbe guardare maggiormente la problematica con gli occhi del figlio disabile, non solo della sua famiglia, così come per gli altri giovani e lavoratori. Perchè non possiamo parlare di “parità”, se poi a livello sociale pianifichiamo due vite diverse: una per chi ha la fortuna di nascere sano e l’altra per chi non l’ha avuta, con la seconda che spesso diventa un compromesso al ribasso, oltre quello cghe la vita gli ha imposto.
Un preziosissimo spunto, forse il più importante perchè meno chiacchierato, è quello “denunciato” dalla psicologa della Piccola Opera Papa Giovanni, Roberta Racinaro. che riguarda il tabù più osteggiato e taciuto all’interno della categoria: la Sessualità. Non si può parlare di Indipendenza nella Disabilità, senza fare entrare in gioco, tra i primi fattori questo aspetto. Perchè è un’esigenza primaria di ogni individuo, Quindi anche delle persone con Disabilità. E non è assolutamente accettabile che chi non vive il problema sul proprio corpo, ancor più grave se a stretto contatto con la persona con Disabilità, decida per suo conto che questo aspetto prioritario della vita sia una questione marginale, che vengano prima le cure e poi tutto il resto. Alibi anche questo il più delle volte perchè il resto non arriva mai. Che hanno più difficoltà a relazionarsi con l’altro sesso, non è sempre facile accettare un corpo “diverso”, che “non funziona” come gli altri, che molte persone con disabilità, molte più di quelle che crediamo, non hanno la possibilità di “conoscere” il proprio corpo.
Tematiche ben approfondite in un’occasione importante che deve essere “seme” da piantare e diffondere, moltiplicare, ogni giorno. Perchè la Disabilità è un mondo che si scontra con le persone sane. Perchè la vita è una anche per il disabile e ha il diritto di goderla e sfruttarla il più possibile. Perchè si assottigli sempre più il gap tra qualità di vita delle persone disabili e quella delle persone sane; del resto, anche loro, non hanno tutte le medesime possibilità