Tre giorni in Calabria per ascoltare gli immigrati in pensione o prossimi al pensionamento per capirne i bisogni, diversi dal resto della popolazione, ma anche per conoscere forme di accoglienza di eccellenza che possono essere la guida per un modello di integrazione che rompa gli steccati e cambi il passo.
Lo SPI Cgil Calabria, con lo SPI Cgil Nazionale, lo SPI Cgil Area Metropolitana, SPI Cgil Pollino Sibaritide-Tirreno, CGIL Pollino-Sibaritide-Tirreno e CGIL Area Metropolitana di Reggio Calabria, ha collaborato nei giorni scorsi ad un’indagine condotta dalla Fondazione Di Vittorio sugli anziani di origine straniera e allo studio dell’associazione Nuove Ri-Generazioni sulla riqualificazione, non solo urbana ma anche sociale, delle comunità calabresi destinate allo spopolamento che hanno trovato nell’immigrazione un nuovo inizio.
Presenti per lo SPI Cgil Nazionale la Segretaria Carla Mastrantonio e Giovanni Carapella, presidente dell’associazione Nuove Ri-Generazioni, costituita da CGIL e SPI.
Gli immigrati anziani di età superiore ai 50 anni sono uno su quattro del totale della popolazione immigrata, 500mila quelli con più di 65 anni. Si tratta di persone in condizioni di fragilità, che hanno durante il loro percorso di vita vissuto e subito vicende drammatiche e avuto lavori discontinui e poveri, spesso in nero e precari. Arrivano alla pensione spesso con problematiche di salute legate ai lavori usuranti fatti e pagano le conseguenze della mancanza di contributi e delle ristrettezze economiche con pensioni sociali o povere.
A loro vanno destinate politiche specifiche tenendo conto dello stato di solitudine che a volte li accompagna. Dalle interviste effettuate è emerso che quasi nessuno di questi vuole tornare nel proprio Paese dove ormai le relazioni sono sfilacciate dalla distanza e dal tempo trascorso e dove temono violenze e criminalità organizzata, se non la guerra.
A chiudere questa esperienza il convegno “Ricucire, ricostruire, rigenerare” svoltosi a Camini, comune del reggino con meno di 800 abitanti, in cui l’amministrazione guidata da Giuseppe Alfarano, con la cooperativa Eurocoop Camini “Jungi Mundu”, accoglie diverse nazionalità, ha ristrutturato case abbandonate per dedicarle all’accoglienza, attivato laboratori di artigianato e un forno sociale, oltre che un’attività di ristorazione. Camini ha ripreso vita, le strade sono popolate e rallegrate dalle grida dei bambini che giocano ma, soprattutto, il borgo ha dato una possibilità di pace a chi è stato costretto a fuggire dal proprio Paese.
Esperienze che crediamo debbano essere ripetute avendo come prospettiva l’immigrazione come investimento e accrescimento.