In Calabria, l’emigrazione sanitaria non risparmia neppure la procreazione medicalmente assistita.
Circa l’80% delle coppie che ne ha bisogno, infatti, decide di scommettere sul concepimento di un figlio andando fuori regione.
Il dato è emerso durante la IV edizione di “Preservazione della fertilità: strategia per far nascere il futuro”, il convegno multidisciplinare organizzato dal Gatjc Fertility Center, il centro di eccellenza accreditato presso la Regione e che garantisce oltre la metà dei quasi 900 interventi in ambito Pma effettuati ogni anno in Calabria.
Il dato sull’emigrazione viene da lontano: “Da quando – spiega Leona Cremonese, Ceo del Gatjc – le prestazioni non erano nei Lea e solo poche Regioni virtuose le garantivano con fondi extraregionali. Da inizio 2025, la Pma è riconosciuta e quindi ci aspettiamo che la Regione, che già sta facendo molto per migliorare il nostro sistema sanitario, destini le risorse necessarie a soddisfare la domanda di salute dei calabresi”.
La Pma in Calabria incrocia però anche altri aspetti, preoccupanti almeno quanto l’emigrazione sanitaria. “Tra denatalità e fuga dei giovani nella migliore età fertile – aggiunge Cremonese – stiamo passando dall’inverno demografico alla glaciazione. Per questo ogni anno noi mettiamo a confronto esperti di ambiti diversi, perché i problemi non sono solo sanitari ma anche di tenuta sociale. Per garantire il futuro c’è bisogno di un’alleanza che metta insieme sanità, scuola, enti locali, esperti del web e altri attori sul territorio, perché si diffondano la cultura della procreazione e quella della preservazione della propria fertilità. Ricordarsi o desiderare di mettere al mondo un figlio a quarant’anni, perché è questa l’età media oggi, significa precludersi gran parte delle possibilità di farlo”.
Da questo punto di vista, la medicina e la ricerca continuano a fare il loro dovere. “L’intelligenza artificiale – sostiene Giacomo Tripodi, direttore sanitario del Gatjc – sta aiutando molto le tecniche già collaudate di Pma, soprattutto per quanto riguarda la scelta degli embrioni più adatti all’impianto attraverso le modalità e i tempi di divisione cellulare. Ma anche i sistemi di conservazione degli embrioni non utilizzati progrediscono costantemente. Lo stesso vale per quanto riguarda la preservazione della propria fertilità. Sappiamo – aggiunge Tripodi – che per varie ragioni non tutte le coppie possono o vogliono concepire un figlio, nonostante le perfette condizioni di salute, e scelgono di spostare i tempi in avanti. In questo caso, è possibile ricorrere alla crioconservazione degli ovociti o del liquido seminale. Una tecnica, quella del congelamento, un tempo riservata alle persone con problemi oncologici ma che oggi vale per tutti.
Piuttosto, è importante che le donne la utilizzino prima dei 35 anni; per gli uomini, non è tanto l’età a fare la differenza quanto la possibilità di verificare per tempo la qualità del proprio liquido seminale. I problemi di infertilità – sottolinea ancora Tripodi- sono ugualmente divisi tra donne e uomini. Per questi ultimi, lo stile di vita è fondamentale. Conosciamo da tempo la dannosità dell’abuso di alcol, fumo o sostanze stupefacenti, ma anche l’alimentazione è importante. Ormai, giusto per fare un esempio, ci capita spesso di trovare le nano plastiche nel liquido seminale. Verificarne per tempo la qualità, quindi, può fare la differenza”.