Ancora una volta, la Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Paola dimostra di esserci, di vigilare e di operare con professionalità e determinazione. Nella giornata di ieri, durante un’accurata attività di controllo, sono stati rinvenuti ben cinque telefoni cellulari nascosti all’interno di una cella, nella disponibilità di un detenuto di origini calabresi, insieme ad altri oggetti non consentiti. A dare la notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria.
“Un sequestro importante che conferma, per l’ennesima volta, quanto sia cruciale e imprescindibile il lavoro silenzioso ma costante degli uomini e delle donne della Polizia Penitenziaria”, evidenzia Salvatore Panaro, vicesegretario regionale del SAPPE. “È grazie esclusivamente al loro impegno, al loro coraggio e al loro senso del dovere che si continua a garantire legalità e sicurezza all’interno delle carceri, nonostante una cronica e ormai insostenibile carenza di personale”.“Il SAPPE”, prosegue il sindacalista, “ringrazia pubblicamente tutto il personale operante presso il Reparto di Paola: siete la vera colonna portante dell’Istituzione, un esempio concreto di dedizione e senso dello Stato”. “Oggi più che mai, è doveroso affermarlo con forza: la Polizia Penitenziaria c’è! E merita rispetto, risorse e riconoscimenti”, conclude Panaro.
“Il personale del Reparto di Paola ha dimostrato, una volta di più, il ruolo centrale della Polizia Penitenziaria nel sistema sicurezza del Paese”, commenta Donato Capece, segretario generale del SAPPE. ““L’ingresso illecito di cellulari negli istituti è ormai un flusso continuo”, denuncia, e ricorda che non è la prima volta che il SAPPE chiede nuovi provvedimenti per inibire l’uso di strumentazioni tecnologiche nelle sezioni detentive. “Non si contano più i rinvenimenti e i sequestri di questi piccoli apparecchi. Le vie d’ingresso diventano molteplici, non ultima anche quella aerea a mezzo droni che sempre più spesso vengono avvistati e intercettati – rimarca il leader nazionale del primo Sindacato del Corpo-. La cosa grave è che denunciamo queste cose ormai da 10anni e nessuno ha ancora fatto qualcosa. Tra l’altro, è assurdo che gli apparecchi per accertare la presenza dei telefoni cellulari non vengano usati nelle celle, ma durante lo svolgimento delle prove d’esame scritte del personale di polizia che ambisce ad acquisire il grado superiore! È una vergogna!” aggiunge ancora.
“Le donne e gli uomini del Corpo sono quotidianamente impegnati nell’attività di contrasto all’introduzione di telefoni cellulari ed alla diffusione della droga nei penitenziari per adulti e minori. E nonostante la recente previsione di reato, nel Codice penale, per ingresso e detenzione illecita di telefonini nelle carceri, con pene severe che vanno da 1 a 4 anni, il fenomeno non sembra ancora attenuarsi. Vanno adottate soluzioni drastiche come la schermatura delle sezioni detentive, delle celle e degli spazi nei quali sono presenti detenuti, all’uso dei telefoni cellulari e degli smartphone”, conclude Capece.