Beni per 5 milioni di euro sono stati sequestrati ad un imprenditore edile, dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, con il supporto del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata e dei Comandi provinciali di Ancona e Pesaro-Urbino, coordinati dalla Dda reggina diretta da Giovanni Bombardieri.
Il provvedimento è stato emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale nei confronti di Domenico Laurendi, detto Rocchellina.
L’attività economico-finanziaria fa seguito all’operazione “Eyphemos”, già condotta dalla Squadra mobile di Reggio Calabria.
Il sequestro è frutto della sinergica collaborazione tra forze di polizia nel contrasto alla criminalità organizzata.
L’indagine economico-patrimoniale è stata eseguita da militari del Gico del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Reggio Calabria, nei confronti di Laurendi, coinvolto nell’operazione “Eyphemos”, che ha colpito il locale di ‘ndrangheta di Sant’Eufemia d’Aspromonte, dotato di margini di autonomia rispetto alla cosca di riferimento, quella degli Alvaro, al cui interno l’imprenditore avrebbe rivestito un ruolo di vertice.
In particolare, sulla base di quanto emerso nell’inchiesta, Laurendi sarebbe risultato capo, promotore ed organizzatore di una fazione mafiosa all’interno del locale di ‘ndrangheta, con compiti decisionali e di pianificazione delle azioni delittuose da compiere. Inoltre, grazie al proprio carisma criminale, sarebbe riuscito a catalizzare un cospicuo numero di sodali desiderosi di fondare un banco nuovo, ovvero di formalizzare quell’autonomia che, di fatto, già da tempo veniva esercitata dal gruppo.
L’imprenditore, secondo l’accusa, pianificava anche le attività economiche attraverso cui riciclare il denaro e coordinava operazioni patrimoniali finalizzate ad eludere l’applicazione di misure di prevenzione con l’intestazione fittizia dei beni a lui riconducibili.
Laurendi, per tali motivi, è stato condannato in secondo grado alla pena di 19 anni di reclusione per il reato, tra gli altri, di associazione di stampo mafioso.
Sulla base di quanto emerso dall’inchiesta “Eyphemos”, la Dda ha delegato il Gico a svolgere un’indagine economico-patrimoniale finalizzata all’applicazione di misure di prevenzione. Dagli accertamenti è emersa la sproporzione tra i redditi dichiarati ed il valore del patrimonio accertato. Sono state ricostruite anche le complesse manovre elusive ed i meccanismi di mimetizzazione dell’effettiva titolarità di beni.
Il Tribunale ha quindi disposto il sequestro dell’intero compendio aziendale di una ditta individuale e 2 società operanti nel settore edile, 10 immobili, di cui 3 terreni e 7 fabbricati situati nelle province di Reggio Calabria, Ancona e Pesaro Urbino, oltre a rapporti bancari, finanziari, assicurativi e relative disponibilità.