I giudici della Corte di Cassazione hanno annullato con rinvio gli ergastoli inflitti dalla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria al boss Filippone e Graviano, imputati nel processo “Ndrangheta Stragista” perché ritenuti mandanti dell’attentato in cui il 18 gennaio 1994 morirono i carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo non è stato “dimostrato adeguatamente“. Regge quindi la causale sulla “strategia stragista” messa in atto insieme da Cosa Nostra e ‘Ndrangheta all’inizio degli anni novanta, ma non è stato “dimostrato adeguatamente”.
È stato quindi accolto l’impianto accusatorio della Dda e del procuratore Giuseppe Lombardo per quanto riguarda la partecipazione delle cosche calabresi alle cosiddette “stragi continentali”.
In merito agli attentati ai carabinieri, infatti, la Sesta sezione della Suprema Corte scrive che “la causale degli omicidi e dei tentati omicidi è stata adeguatamente individuata dalle due conformi sentenze di merito nella attuazione della strategia del terrore con l’intento di indurre lo Stato a trattare in tema di benefici penitenziari e quanto alla disciplina dei ‘pentiti'”.
Nel nuovo processo, che si celebrerà nei prossimi mesi, i giudici di secondo grado dovranno rivalutare “il tema centrale delle prove specifiche a carico degli imputati per avere contribuito al mandato omicidiario”.
A non convincere la Cassazione sono state, in particolare, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Antonino Lo Giudice e Consolato Villani, “connotate da evidenti e, allo stato, insanabili contraddizioni che la Corte distrettuale non ha in alcun modo chiarito, nonostante le specifiche doglianze difensive proposte in sede di appello”.
In merito agli attentati ai carabinieri, scrivono i giudici di Cassazione, “entrambi dicono di avere appreso dall’altro le informazioni” poi riferite ai magistrati.
Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Guido Contestabile, Giuseppe Aloisio e Salvatore Staiano.